IN CAMMINO LUNGO LA VIA FRANCIGENA

La salita al Monte Mario non è di certo una scalata impegnativa; con i suoi 140 metri è poco più di una collinetta alberata nella prima periferia di Roma. Ma la brama di raggiungere finalmente la cupola di San Pietro rende ogni passo più pesante e la salita più ripida.

E poi finalmente eccola, la Città Eterna. Roma si mostra in tutta la sua magnificenza, con il Cupolone lì, quasi a portata di mano, immerso nella verdeggiante vegetazione dei giardini vaticani che, da questa prospettiva, ne danno un’immagine quanto meno insolita.

E scorrendo lo sguardo verso il Tevere, le cupole dell’Urbe si susseguono, quasi a passarsi il testimone, nella grande bellezza di rovine antiche e chiese barocche che dominano il cielo della città. Il panorama di Roma, visto più e più volte, oggi ha un sapore diverso, perché questa volta ci sono arrivato a piedi.

Era il 9 giugno di cinque anni fa quando, ancora all’alba, mi lasciavo alla spalle un’altra possente cupola, quella de duomo di Pavia, chiedendomi come sarebbe stato quel viaggio in solitaria, tra la pianura lombarda prima, scavallando gli appennini poi, per giungere nelle dolci colline del paesaggio toscano, che pian piano si fa sempre più aspro avvicinandosi verso la Capitale.

Ora, mentre Roma scorre sotto il mio sguardo, ripercorro quei 600 chilometri fra campi, boschi, città stupende come Lucca, Siena e Viterbo e borghi d’altri tempi come San Giminiano e Bolsena. Ma tra le immagini che scivolano nella mia mente, ci sono due frasi che restano nitide più di altre.

Una l’ho incontrata nella prima tratta, sulla porta di un ospitale nelle prime colline toscane e recitava così: IL CAMMINO E’ LA META STESSA. Aforisma spesso attribuito a Confucio, ma che Paulo Coelho ha certamente fatto sua nel romanzo del 1987, il Cammino di Santiago, celebre racconto del viaggio dell’autore verso Compostela, in cui la meta non è davvero la città spagnola di Santiago, quanto piuttosto il percorso stesso che, metafora dell’esistenza, ci arricchisce e trasforma passo dopo passo. Le difficoltà e le fatiche del viaggio, di cui spesso rimane il segno, ad oggi sono una cicatrice che portiamo con fierezza perché è il cammino stesso che ci insegna sempre la maniera migliore di arrivare(cit).

L’altra frase era posta vicino ad una fonte, dopo un borgo abbandonato dell’appennino emiliano, dove le case diroccate lasciavano posto al bosco inselvatichito, con il sentiero che prendeva due diverse direzioni.

AI PIU’ IMPORTANTI BIVI DELLA VITA, NON C’E’ SEGNALETICA. In questo caso l’aforisma è celebre quanto il suo autore, Ernest Hemingway. Qui la Via per Roma prevedeva una variante al percorso originale, più breve, ma con dislivelli maggiori. Senza pensarci troppo avevo imboccato la strada più veloce, con un sentiero che pian piano si faceva davvero impegnativo, mettendo a dura prova gambe e mente. Quest’ultima mi avrebbe portato alla meta di quel giorno, ma le gambe no. Un dolore lacerante al collo del piede che si sarebbe poi rivelata poi una tendinite cronica mi avrebbe costretto a fermarmi.

E anche ora che, guardando Roma da Monte Mario, mi appresto a scendere verso il Vaticano, il piede ancora mi ricorda di quel cartello e di tutte le volte che scegliendo, male o bene che sia, condizioniamo noi e gli altri, trovandoci poi a dover fare i conti con le nostre decisioni ed i passi percorsi fino al giorno prima.

Mi soffermo ancora qualche istante guardando l’enorme cupola di San Pietro, la mia meta che ormai dista una manciata di chilometri, sapendo che la domanda sarebbe arrivata puntuale appena varcate le mura del Vaticano: “E adesso?”

E già. Perché questa mia via Francigena è giunta al termine. Mia in parte perché scelta da me, frazione di un itinerario decisamente più vasto e impegnativo che vede il suo principio a Canterbury, in Inghilterra; e in parte perché anche se il cammino è intrapreso da molti, ognuno, con la propria storia, ne vive una sua versione, unica e irripetibile.

E quindi adesso si riparte perché, come disse Madre Teresa di Calcutta, la felicità non è una destinazione, ma un percorso, un frammento di una rete quasi dimenticata di antichi sentieri che collegavano il nostro mondo nei secoli passati, con connessioni diverse, sicuramente più lente, più difficili, ma forse, anche per questo, più vere.

Un pellegrino di Villapinta                                                                           

Monte Mario (Roma) 10 Giugno 2022